Esperienza

La leggenda della Sultana della foresta di mangrovie

Le foreste di mangrovie sono luoghi selvaggi. Le radici delle Rhizophoraceae si propagano sul terreno intrecciandosi con Acanthaceae, Lythraceae e Arecaceae. In queste foreste l'acqua salata si mescola con l'acqua dolce. Nelle acque delle foreste di mangrovie esiste una fauna molto caratteristica. Granchi, molluschi, gamberi, lucertole e uccelli sono solo alcune delle centinaia di specie che abitano le mangrovie. I cuccioli di squalo, di razza e di tartaruga passano prima da questo ambiente più protetto per poi avventurarsi nel mare aperto. Le mangrovie e le zone umide giocano un ruolo centrale nei racconti popolari maldiviani. Le mangrovie si dice ospitino spiriti, fantasmi e creature antichissime. I laghi, secondo le credenze locali, si trasformano spesso in porte d'accesso a regni ultraterreni.
Il 26 luglio, oltre a essere il giorno dell'indipendenza delle Maldive, si celebra la Giornata internazionale per la conservazione dell'ecosistema delle mangrovie. È una giornata dedicata al riconoscimento della mangrovia come ecosistema unico e vulnerabile e diventa un’occasione per ricordare l’importanza della salvaguardia di questi preziosi doni della natura. 
Per celebrare le mangrovie, vogliamo raccontarvi una breve storia sulla madre della foresta di mangrovie anche detta “Sultana della Foresta”. Qui viene chiamata Kulhavah Falu Rani. Come tutti i racconti e le leggende, la storia della Sultana ha molte versioni, eccone una delle più popolari.
La favola di Kulhavah Falu Ranin
Tanto tempo fa, nelle profondità delle paludi, viveva una giovane coppia molto povera. I due innamorati si erano allontanati dal loro umile villaggio sulla costa orientale dell'isola per vivere qui. La foresta di mangrovie, infestata dai parassiti, non era esattamente un luogo adatto agli esseri umani: il cibo scarseggiava, l'aria era densa e pesante e anche nei giorni più soleggiati la foresta rimaneva nell’oscurità. Il marito trascorreva le lunghe giornate umide pescando nelle acque torbide, mentre la moglie si dedicava al foraggiamento. La Kulhavah (la mela delle mangrovie) fu un dono del cielo per la coppia e li aiutò a sopravvivere e a tirare avanti nella foresta. Dopo qualche tempo, i due furono benedetti con l’arrivo di una bambina. 
La bambina giocava, piangeva e dormiva all'ombra dei grandi alberi di mangrovia. Avendo poco da mangiare, la madre era solita preparare con amore una pasta di kulhavah matura. Il frutto continuò a nutrire la bambina, che crebbe sentendo un forte legame con i folti labirinti della foresta. Dove gli altri vedevano una landa desolata infestata dai parassiti, lei vedeva un paradiso di vita e bellezza. Guardava i cuccioli di razza scivolare sulle acque verde oliva, mentre i cuccioli di squalo si nutrivano di piccoli crostacei, molluschi e krill. 
"Staranno cercando di nascondersi in queste acque torbide", pensava tra sé e sé. 
Trascorse molto tempo ad osservare anche i suoi amici alati. Dal maakana (airone grigio) imparò la grazia e la pazienza. Il kanbili (gallina acquatica maldiviana) le insegnò l'agilità. A volte imitava anche il caratteristico richiamo del kanbili.
Nessun albero era troppo alto per la ragazza nata e cresciuta nella foresta di mangrovie. Spesso si arrampicava sull'albero più alto e osservava l'infinito mare di verde. Dal punto di osservazione più alto, poteva vedere la foresta di mangrovie e come i suoi colori cambiassero durante l’arco della giornata. Poteva ammirare come l’acqua che entrava ed usciva dalle foreste scorresse in un flusso continuo durante la giornata. Seguiva gli intricati tracciati creati dalle radici, che si nascondevano sotto l'acqua per poi rispuntare più avanti. Raramente, scorgeva anche delle vele in lontananza. Era consapevole del mondo che esisteva al di là della foresta di mangrovie e ne era sempre incuriosita. Ma quella foresta era la sua casa, il suo rifugio, era tutto ciò che conosceva.
Il Kulhavah continuava a crescere nella foresta di mangrovie, e alla bambina piaceva moltissimo, anche quando emettevano un odore decisamente forte. Riusciva a riconoscere tutte le diverse varianti del frutto e mangiava il kulhavah a colazione, pranzo  e cena. A volte restava ad ammirarne a lungo i fiori rosso scuro sbocciare di notte. 
La ragazza della foresta di mangrovie amava la sua vita semplice. I suoi genitori stavano invecchiando e anche loro si erano adattati alle caratteristiche della foresta. La famiglia si ritrovava la sera per condividere storie, ridere insieme e godere della reciproca compagnia. 
Un giorno, mentre se ne stava appollaiata sulla mangrovia più alta, la ragazza vide per la prima volta le vele della flotta di Radhun. Radhun, il Sultano della Terra e del Mare, Signore delle Dodicimila Isole e Sultano delle Maldive, era il monarca assoluto del Sultanato maldiviano. La ragazza non aveva mai visto nulla di simile. Le sue vele arrivavano a sfiorare le cime delle palme più alte.
A differenza dei suoi predecessori, il giovane Sultano aveva l’abitudine di visitare ogni singola isola sotto il suo regno. Non aveva mai visto una foresta così selvaggia nel suo Sultanato. "Quella è una foresta di mangrovie, Altezza", affermò il consigliere del Sultano. "Un luogo infestato, umido, duro e terribile", aggiunse.
Nonostante questa dura descrizione dell’area, il Sultano decise di inoltrarsi nella foresta, affiancato dalla sua guardia reale. Tuttavia, dopo pochi minuti di cammino, si ritrovò completamente solo: il labirinto di piante era poco accogliente verso chi non era abituato a questo ambiente, ma, nonostante questo, il Sultano non si lasciò intimorire. L’intreccio delle grosse radici e la pesantezza dell'aria lo stordirono fino a portarlo quasi ad uno stato di trance. Il Sultano aveva già visto le limpide lagune e le meravigliose barriere coralline delle Maldive, ma non aveva mai visitato una foresta di mangrovie prima di allora. Il Sultano delle Dodicimila isole non aveva alcun potere in questo contesto selvaggio. 
"Crkrkr"
Il Sultano sentì uno scricchiolio di ramoscelli. Si voltò di scatto e si ritrovò un paio di occhi umani intenti a fissarlo. In quei profondi occhi castani, percepì il calore della mangrovia stessa, la tonalità di ogni radice, ramo e fiore della foresta. 
La ragazza della foresta di mangrovie non aveva mai visto una figura così imponente. I fili d'oro del suo abito di seta scintillavano anche nell'oscurità. Il Sultano si avvicinò con cautela ma lei scappò subito via. 
"Ho sentito parlare di spiriti che assumono le sembianze di belle donne nella foresta. Doveva trattarsi proprio di uno spirito", pensò il Sultano.
Ma l'immagine di quella fanciulla lo attanagliava. Ordinò alle sue truppe di setacciare la foresta da cima a fondo per trovarla. I soldati, addestrati sulle strade cittadine, ebbero grandi difficoltà a orientarsi nella foresta. Alcuni rimasero impigliati nelle radici tentacolari, mentre altri si persero nei pressi di misteriosi stagni. Ciononostante, seguendo gli ordini del loro Sultano, i soldati perseverarono e seguirono le impronte della ragazza nel fango fino a raggiungere l'umile baracca della famiglia, nascosta nel profondo della foresta.
La ragazza, tremante e spaventata, cercò di nascondersi all’interno. Urlava e strillava come un animale selvatico mentre le guardie la afferravano e la trascinavano fuori dalla sua umile capanna. Quando suo padre entrò, una delle guardie sguainò la spada minaccioso. I genitori della povera ragazza non potevano nulla contro la guardia reale, e dovettero restare a guardare mentre le guardie la scortavano a bordo della nave del Sultano. 
"Diventerai la Sultana delle Dodicimila isole". 
Il Sultano le parlò delle ricchezze e del prestigio che l'attendevano in città. Le sue parole non significano nulla per lei. Non aveva mai sentito parlare delle Dodicimila isole. Le acque agitate dell’oceano la fecero ammalare violentemente e il mal di mare sembrava non avesse fine. Mentre la nave si allontanava, la ragazza vedeva le radici delle mangrovie farsi sempre più distanti. La cosa peggiore era che a bordo della nave non c'era Kulhavah e lei, ormai, non riusciva a mangiare nient'altro. Nauseata ed esanime, non credeva di poter sopravvivere al lungo e violento viaggio, ma la perseveranza e la forza dei suoi genitori le davano il coraggio di resistere. Una volta fatto ritorno alla modernità, la ragazza si rese subito conto della travolgente grandiosità dell’isola Malé. Persino le baracche più umili catturavano il suo sguardo lasciandola sbalordita. Non aveva mai visto così tante persone tutte insieme. Quando la guardia del Sultano la scortò fino al parco del palazzo, sentì addosso lo sguardo di centomila occhi. Appena arrivata,i servitori di palazzo la lavarono e la vestirono e fu ordinato che il migliore dottore del Sultanato la curasse.
I racconti della sua bellezza esotica e della sua grazia raggiunsero tutte le isole del Sultanato. Si diceva fosse bella al di là di ogni immaginazione. Anche se la sua educazione non rispecchiava perfettamente le aspettative delle classi più alte, le nobildonne di Malé iniziarono ad interessarsi molto ai suoi strani modi di fare. Li trovavano affascinanti, insoliti e stravaganti. Con il tempo, la ragazza imparò a imitare la grazia di una vera signora e nacque in lei una nuova ammirazione per il palazzo e per il potere inebriante della corona. Il Sultano le insegnò a conoscere le numerose isole sparse nell'oceano e la foresta di mangrovie, lentamente, si trasformò in un ricordo lontano.
Durante un tranquillo pomeriggio, un dhoni, l’imbarcazione tipica maldiviana, attraccò a Malé e l'equipaggio chiese un incontro con la Sultana. "Veniamo dalla sua isola e portiamo doni per la Sultana", esordirono i marinai. Il palazzo concesse loro un'udienza e, al momento dell'incontro, presentarono alla Sultana una mela di mangrovia. 
"Abbiamo saputo dai vostri genitori che siete molto ghiotta di questo frutto. Sappiamo anche che a Malé non si trova". 
Il Sultano guardò con stupore la sua amata Sultana, la donna selvaggia che aveva trovato nella foresta di mangrovie, che prese il frutto e rispose con vaga curiosità: "Oh, che frutto interessante. Che strano. È attaccato all'albero da sinistra o da destra?". 
Quello che successe dopo varia da versione a versione della storia. Alcuni dicono che il sultano fu così deluso da questa reazione che divorziò e bandì la ragazza dal regno esiliandola nella foresta di mangrovie dove l'aveva trovata. Altri raccontano che il sultano, sconcertato, la rimproverò pesantemente per aver dimenticato le sue radici e il frutto che la nutrì per un lungo periodo della sua vita. 
Ogni volta che un maldiviano dimentica le proprie radici o la propria origine, è quasi scontato sentire "Thee Kulhavah falu Ranin dho”, ovvero “Sei proprio come la Sultana della foresta di mangrovie".
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Questo racconto popolare è uno dei pochi che illustra la bellezza delle foreste di mangrovie. È anche un insegnamento per la comunità che, per quanto si possa progredire o per quanti grattacieli si possano erigere, non dobbiamo mai dimenticare le nostre radici. Le nostre radici affondano nelle barriere coralline, negli oceani e nelle foreste di mangrovie tanto rigogliose e importanti per tutto l’ecosistema delle Maldive.
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